Cerco
qualche bandella esemplificativa per un corso che sto tenendo. Frugo nel file
dove ho archiviato per vent’anni tutte
quelle che ho scritto. Infatti, nella
mia veste di revisore (quella che viene dopo la mia natura di traduttore e l’alias
di insegnante), ho il compito di scrivere il risvolto di copertina dei libri
che controllo. Nel passare l’elenco all’interno della cartella che ho chiamato prosaicamente
«Bandelle», l’occhio mi cade sul titolo
di un libro che avevo completamente dimenticato. Non solo non ricordavo più di
averne scritto il risvolto: avevo completamente dimenticato di averlo letto. Ne
sono dispiaciuta. L’autrice la conosco bene. Ho letto molte delle sue opere,
alcune le ho tradotte. Ne ho parlato in un laboratorio di traduzione, l’ho apprezzata
come persona – la persona che si coglieva attraverso la sua scrittura – oltre
che come scrittrice. Ho amato i suoi racconti evocativi.
Il libro in questione è la biografia molto
personale di un poeta. La sua poesia l’ho analizzata a fondo all’università, e
anche dopo, eppure non riesco a recuperare neanche un frammento di ricordo di quel
libro. Il mio archivio mi assicura che quel file, quel breve testo destinato all’aletta,
l’avevo consegnato il 24 marzo 2004. Sono passati anni. Probabilmente ho
dimenticato tanti libri, non solo alcuni per nulla memorabili, ma anche altri
che erano belli. Come per fare una prova, scorro qualche titolo e quando
inciampo in uno che mi dice poco, apro il file. E la memoria ritorna.
Faccio
lo stesso con Un figlio degli anni
terribili. Vita di Aleksandr Blok. Riconosco il mio stile nella bandella
(gli scrittori di bandelle, anche di quelle non autoriali, hanno comunque un
loro stile), immagino il tono di Nina Berberova, mi viene nostalgia di Pietroburgo,
provo una vaga sensazione di familiarità, ho la certezza che il libro mi era
piaciuto, ma la struttura del testo resta una macchia caliginosa che rifiuta di
prendere forma. Apro la cartella «Revisioni»: non ne trovo traccia. Guardo nella mia libreria: purtroppo non ne ho
nessuna copia. Me la procurerò. Nell’attesa rileggo la bandella:
Il 7
agosto 1921 moriva a Pietroburgo Aleksandr Blok. Proprio il giorno prima era
arrivato il passaporto con cui il poeta si accingeva a lasciare la Russia. Tra
le persone che parteciparono alla veglia funebre c'era anche una giovane Nina
Berberova che di lì a poco sarebbe emigrata in Occidente.
Negli anni Quaranta la scrittrice, esule in Francia, rese omaggio a una delle voci più rappresentative del tumulto di un'epoca con una monografia fitta di ricordi diretti, dove viene evocata non solo la storia di Blok e della sua arte, ma anche la metamorfosi di un mondo intero, proiettato verso un futuro di radicali cambiamenti. Berberova racconta di Blok e dei suoi successi, dell'amore per la moglie Ljuba, delle altre donne amate, della controversa amicizia con Andrej Belyj, del passaggio da osservatore distaccato della rivoluzione a suo sostenitore; ma nello sviscerare l'uomo, illumina di luce variamente intensa - azzurra, rossa al tramonto e poi più smorta e gelida - la città dov'è nato il poeta che è anche la sua: Pietroburgo patria di Puskin, fiabesca capitale sulle rive della Neva, destinata a cambiare nome e a lasciare posto a «una città con altre lotte, altre forze, altre speranze». Nel ricostruire la vita del poeta, l'autrice restituisce un variegato ritratto umano in cui, alla passione per l'arte si alternano le vicende amorose, ma soprattutto il complesso universo del ceto intellettuale russo, le illusioni e le disillusioni di fronte alla rivoluzione. La scomparsa di Blok, uno dei maggiori poeti russi del Novecento, rappresenta una cesura. Scrive Nina Berberova: «Sentivamo tutti, in quel momento, la fine di una vita, la fine di una città, la fine di un mondo. I giovani che circondavano il feretro comprendevano che quel giorno forse era per loro un inizio. Come Blok e i suoi contemporanei erano stati 'i figli degli anni terribili', noi diventavamo ora i figli di Aleksandr Blok».
Negli anni Quaranta la scrittrice, esule in Francia, rese omaggio a una delle voci più rappresentative del tumulto di un'epoca con una monografia fitta di ricordi diretti, dove viene evocata non solo la storia di Blok e della sua arte, ma anche la metamorfosi di un mondo intero, proiettato verso un futuro di radicali cambiamenti. Berberova racconta di Blok e dei suoi successi, dell'amore per la moglie Ljuba, delle altre donne amate, della controversa amicizia con Andrej Belyj, del passaggio da osservatore distaccato della rivoluzione a suo sostenitore; ma nello sviscerare l'uomo, illumina di luce variamente intensa - azzurra, rossa al tramonto e poi più smorta e gelida - la città dov'è nato il poeta che è anche la sua: Pietroburgo patria di Puskin, fiabesca capitale sulle rive della Neva, destinata a cambiare nome e a lasciare posto a «una città con altre lotte, altre forze, altre speranze». Nel ricostruire la vita del poeta, l'autrice restituisce un variegato ritratto umano in cui, alla passione per l'arte si alternano le vicende amorose, ma soprattutto il complesso universo del ceto intellettuale russo, le illusioni e le disillusioni di fronte alla rivoluzione. La scomparsa di Blok, uno dei maggiori poeti russi del Novecento, rappresenta una cesura. Scrive Nina Berberova: «Sentivamo tutti, in quel momento, la fine di una vita, la fine di una città, la fine di un mondo. I giovani che circondavano il feretro comprendevano che quel giorno forse era per loro un inizio. Come Blok e i suoi contemporanei erano stati 'i figli degli anni terribili', noi diventavamo ora i figli di Aleksandr Blok».
* Un figlio degli anni terribili. Vita di
Aleksandr Blok è stato pubblicato da Guanda. La traduzione dal francese è
di Dolores Musso.
Qué ilusión que me sigas desde Italia y que hayas leído una entrada de algo que traduces. ¿Qué novela es?
RispondiEliminaYo también he entrado en tu blog y veo que está en italiano, pero entre el leve parecido de los idiomas y el traductor de google, algo te podré leer.
Un abrazo.
Gracias Rosa.
EliminaTe he contestado en tu blog.
Abrazo