martedì 24 giugno 2014

Un doodle per la traduzione

Incollo di seguito quanto ricevuto da Marina Rullo di Biblit, attraverso la mailing list del sito, a cui sono iscritta (s'intende che chi non è membro di nessuna associazione può adattare il messaggio):
.
"Cari amici vicini e lontani,
il CEATL, organizzazione che riunisce le associazioni dei traduttori
letterari d'Europa, nell'ambito delle iniziative a sostegno della visibilità
dei traduttori ha lanciato una campagna internazionale per chiedere a Google
la creazione di un Doodle in occasione di S.Gerolamo (30 settembre),
giornata della traduzione letteraria. Le associazioni di categoria facenti
parte del CEATL, tra cui il sindacato italiano dei traduttori editoriali
STRADE, si sono già mobilitate, ma sarebbe fondamentale coinvolgere il
maggior numero possibile di professionisti.

Io ho contattato Google come fondatrice di Biblit e sollecito quanti
ricevono Biblitiana ad aderire individualmente alla campagna. Qui sotto un
esempio di testo che ho mandato su Biblit. Potete modificarlo a vostro
piacimento, basta che il succo sia quello.

"As a member of the Italian network for literary translators Biblit
(www.biblit.it), I would like to propose a special Doodle celebrating
Translator's Day (St Jerome's Day, September 30). it would be a great way to
foster visibility of our often underestimated profession.
Best regards,"
(firma)

L'indirizzo cui spedire la richiesta è
proposals@google.com

Partecipate numerosi!
Grazie, buon inizio di settimana
Marina Rullo"

lunedì 23 giugno 2014

Dai libri al letto e dal letto ai libri....

Cos'ho letto nella notte bianca dei traduttori, a Milano?
Questo breve brano, di mille battute, come richiesto nella locandina, scelto anche perché ha una sua leggerezza, che ben si adatta al solstizio d'estate.
Sarebbe certo un bel sogno, vivere la traduzione con tanta grazia, e non solo come concentrazione e dialogo tra il traduttore e il libro che ha davanti.
Il parallelo tra amore e traduzione, intesi come atto di scoperta dell'altro, è una bellissima metafora.


"In quelle quattro ore a tu per tu, di cui disponevano tre volte alla settimana, Hans e Sophie passavano dai libri al letto e dal letto ai libri, cercandosi nelle parole e leggendosi nei corpi. Così, senza premeditarlo, trovarono un linguaggio comune, riscrivendo ciò che leggevano, traducendosi reciprocamente. Quanto più lavoravano insieme tanto più si rendevano conto delle similitudine tra l’amore e la traduzione, capire una persona e interpretare un testo, recitare una poesia in una lingua diversa e dare voce al sentire dell’altro. Tutte e due le missioni erano felici ma incomplete: restavano sempre dei dubbi, parole da cambiare, sfumature incomprese. Anche loro erano consapevoli dell’impossibilità di raggiungere la trasparenza come amanti e come traduttori. Differenze culturali, politiche, biografiche, sessuali agivano da filtro. Quanto più tentavano di fare da mediatori tra tutte queste cose, maggiori erano i pericoli, gli ostacoli, i fraintendimenti. Ma allo stesso tempo i ponti tra le lingue, tra loro stessi, si ampliavano."

Da Il viaggiatore del secolo, Andrés Neuman, Ponte alle Grazie,  traduzione di Silvia Sichel



giovedì 19 giugno 2014

Leggere di notte: la notte dei traduttori.

letti di notte 2014
Se gli orari dei treni me lo permettono, parteciperò a questa staffetta di lettura sulla traduzione letteraria, sabato sera a Milano. Ho già pronto il brano che voglio leggere.
"La traduzione è...."
La risposta in un prossimo post.

lunedì 16 giugno 2014

La kommunalka: gioie e dolori dell'abitare un'utopia (un film-documentario)

La kommunalka, (kommunal’naja kvartira) è uno spazioso  appartamento in condivisione tra più famiglie. Questo tipo di coabitazione è ancora attuata ed è una eredità del periodo sovietico. Negli anni immediatamente successivi alla rivoluzione, nelle grandi città della Russia i palazzi d'epoca, edifici spesso sontuosi del centro storico, vennero come parcellizzati. Persone di diversa provenienza vivevano in uno stesso appartamento con la cucina e il bagno in comune.
Quando entravo in quelli di epoca sovietica, mi colpiva sempre la grande bellezza della struttura architettonica, il corridoio vasto e buio, le stanze dai soffitti  a volta, gli stucchi degli elaborati caminetti; il fasto del passato era però segnato da una fatiscente decadenza, da una totale mancanza di manutenzione, da un odore di cibo asfissiante e da un affastellamento di cose ammucchiate ovunque. In poche parole, dalla vita quotidiana delle tante persone che ci vivevano.
Ho guardato il trailer di un documentario molto interessante  sull'argomento, che ha come sfondo la favolosa città di San Pietroburgo e contiene testimonianze di prima mano. Allego di seguito il link del sito con il trailer. The Age of Kommunalki.
Da un punto di vista più strettamente linguistico, mi colpisce all'interno del sito l'uso del maschile in italiano: «un  kommunalka», «i kommunalki». Kommunalka in russo è un sostantivo ed è di genere femminile. L'uso al maschile forse è ingenerato dal fatto che in italiano la parola appartamento è maschile, ma questo prestito non ha subito un adattamento nella lingua italiana, forse solo un acclimatamento. In tal senso, mi pare corretto «la kommunalka».


mercoledì 11 giugno 2014

Stilistica-mente

A Gabriel García Márquez non piacevamo gli avverbi in -mente, riteneva che impoverissero il discorso, ed Edith Grossman, la traduttrice americana di alcuni suoi libri, racconta di aver dovuto ricorrere a veri e propri contorsionismi per evitare gli avverbi di modo (in -ly, immagino). Nel rispetto delle scelte dell'autore.
Questo mi ha fatto ricordare che, in occasione delle mie prime revisioni, quando cominciai a confrontarmi seriamente (-mente) con il testo scritto, mi fu consigliato di controllare che in una pagina non ce ne fossero troppi, di questi lunghi avverbi. E in effetti gli avverbi in -mente possono rappresentare una facile scorciatoia.
Io ascoltavo e tenevo a mente (mente). Tuttavia, quando si tratta di stile, le regole generali vanno applicate con una certa cautela. Conoscerle è fondamentale, e sono convinta della bontà di una riflessione sui termini che si usano volta per volta al momento di scrivere o di tradurre. 
Proprio da questa riflessione  evinco che a rendere riconoscibile uno stile è anche l'uso oculato e intelligente dell'eccezione alla regola. 
E la scelta di García Márquez di eludere gli avverbi in -mente lo conferma.

lunedì 9 giugno 2014

Tutti abbiamo bisogno di entrare in analisi...


morfosintattica ( o grammaticale, logica, lessicale,  del periodo...)
Quante cose della propria lingua s'imparano, studiando una lingua straniera.
Quante cose di sé s'imparano, studiando la propria lingua.
Quante cose di un popolo s'imparano, studiando la sua lingua.
Accostandosi a un'altra cultura con la voglia di imparare, s'impara a stare al mondo.



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venerdì 6 giugno 2014

Aire nuestro compie gli anni, o dell'impagabile fortuna di amare i libri

Da qualche mese ho cominciato una collaborazione con Aire nuestro, rivista digitale dell'Instituto Cervantes di Milano, dove tengo una rubrica in spagnolo, che ha come tema il tradurre. L'esperienza è cominciata per caso, da una proposta di Ana López, la bibliotecaria del centro, e di Jean Claude Fonder, amministratore del blog. Nei mesi è diventato per me un appuntamento molto stimolante, perché mi dà modo, prima ancora che di scriverne, di riflettere sul mio mestiere. E mentre rifletto, cerco spunti e contatto persone,  scopro un mondo di blog interessantissimi.  Di tanti traduttori e redattori italiani e stranieri che, con un diverso taglio (più aneddotico o più professionale, più scherzoso o più serioso), consegnano alla rete le proprie impressioni ed esperienze. Alcune mi hanno aiutata ad analizzare le mie, mi hanno invogliata ad approfondire determinati temi, perché se c'è una cosa bella in un lavoro che ami (e non puoi trasmettere conoscenza se non ami ciò che fai), è che ti sembra di non aver mai imparato abbastanza e vorresti migliorare costantemente. E migliori con il tempo e sconfiggi la noia. E anche nei momenti come quello presente, in cui ho il morale un po' sotto i tacchi perché la crisi si sente in molti settori, quello editoriale compreso (e a forza di parlarne tanti si sentono ancora più in crisi, più poveri, più sfortunati, così poveri e sfortunati da pensare che la cultura non paghi o non valga la pena), io continuo a ritenere che aver potuto lavorare con i libri e averli amati, anche quando non erano dei capolavori ma solo degli onesti prodotti editoriali in cerca di un loro pubblico di lettori, è stata ed è e sarà sempre una fortuna impagabile. 

Quindi buon compleanno a