venerdì 28 febbraio 2014

Traduttore traditore

Quando traduco liberamente da un originale spagnolo o russo, non penso mai di tradire. Piuttosto compio un atto d'amore nei confronti della mia lingua madre e dei suoi lettori, rendendo il testo d'arrivo fluido, anche con l'aiuto e i buoni suggerimenti dei revisori. Se ho tradito, l'ho fatto inavvertitamente, prendendo fischi per fiaschi. Capita, tra le centinaia di pagine di un libro. Quando traduco evito di pensare agli specialisti che giudicheranno il prodotto finale, ma penso a chi si comprerà il romanzo per leggerlo:  il lettore, che merita rispetto. Cerco anche di prendere decisioni autonome, senza farmi influenzare dai giudizi che potranno essere espressi, tanto tutto non piacerà mai a tutti e non è questo il mio scopo. E poi il testo originale è dell'autore, ma la traduzione è mia (cito alto: Edoardo Sanguineti, da me molto rimpianto). La scelta di un termine, la resa di una frase sono sempre soggettive, e potrebbero essercene decine d'altre: una lingua è un paese meraviglioso e percorrendone le strade a volte si scivola.
In più, ci si mettono anche gli scrittori. Fanno scherzi (creativi e romantici), come questo del fiore giallo.
Da aire nuestro:
un fiore giallo sconosciuto e misterioso/una flor amarilla desconocida y misteriosa

lunedì 24 febbraio 2014

Derechos e diritti. Storti e dritti.

Riassumo di seguito parte di un articolo di Jesús Rocamora pubblicato sul País nel 2009. Riguarda i diritti dei traduttori di best seller in Spagna. Racconta di alcuni casi controversi.  Questo parla di Tolkien e la sua versione spagnola,  e del  caso di Matilde Horne, traduttrice di due episodi della trilogia del Signore degli anelli. Quando l'editore Francisco Porrúa vendette  le edizioni Minotauro, specializzate in fantascienza e fantasy, al gigante editoriale Planeta, la traduttrice ricevette in conto diritti d'autore solo la somma di 6000 euro. Quando Matilde Horne  protestò con Planeta le vennero offerti 1200 euro all'anno. Robert Falcó, dello studio di traduzioni Anuvela, propone di fare un calcolo:  "Mettiamo che nel 2001, dopo il boom del romanzo portato sul grande schermo, siano state vendute 500.000 copie, a un prezzo, approssimato, di 20 euro. Pari a un fatturato di 100.000.000 euro. Se le avessero pagato  anche solo uno 0,5 %, la traduttrice avrebbe ricevuto 50.000 euro. E questo, se ci limitiamo a considerare il 2001.”
In seguito Planeta le ha saldato i diritti che le spettavano dopo l'acquisto di Minotuaro. 
In Italia questo tipo di contrati sono ancora un bel sogno, almeno per i più.
Di seguito il testo originale:
«Tolkien y su versión española
Falcó recuerda también "uno de los casos más sangrantes", el de Matilde Horne, traductora de Las dos torres y El regreso del rey, de la trilogía El señor de los anillos. Horne, que murió a mediados del año pasado, recibió tan sólo el pago de 6.000 euros en concepto de derechos de autor por sus traducciones cuando el editor Franciso Porrúa vendió Minotauro al gigante editorial Planeta. "Y cuando reclamó a Planeta, le ofrecieron 1.200 euros al año", recuerda Falcó, que propone jugar con los números: "Imaginemos que en 2001 [tras el boom de la primera película] se vendieron 500.000 ejemplares y que cada uno podía costar unos 20 euros. Eso equivale a 10.000.000 de facturación". Si le hubieran pagado "un simple 0,5%, el total asciende a 50.000 euros en concepto de derechos de autor. Y eso sólo teniendo en cuenta lo que debería haber cobrado en el año 2001".
Posteriormente, y gracias a la intervención de las asociaciones de traductores, Planeta acabó liquidándole los derechos que le correspondían desde la compra de Minotauro.»

giovedì 20 febbraio 2014

Colori in un museo immaginario

Vado a vedere la mostra di Kandinsky a Milano. Ne avevo vista una bellissima alla Fondazione Mazzotta diversi anni fa. Kandinsky  a me piace scriverlo Kandinskij. Guardo le sue opere e lascio che mi riempiano gli occhi di colore. Imparo che il pittore associava il giallo al triangolo, il rosso al quadrato e l'azzurro al cerchio.
So che era amico di Mirò e mi viene in mente Calder:  scultura in movimento. E siccome si parla di blu, arrivano anche Gli amanti azzurri di Chagall. Mi piacerebbe aggiungere anche il Demone seduto di Vrubel’, con le sue pennellate celesti.





Tutto mischiato e tutto bello, come in una mia personale galleria.
Come  Juanjo Sáez (historietista español), che immagina una visita immaginaria con sua madre a un museo immaginario e un quadro di Mirò...

venerdì 14 febbraio 2014

14 febbraio: One Billion Rising for Justice


Si balla per la giustizia. Contro la violenza su donne e bambine. MI SEMBRA GIUSTO! Non voglio mancare.
Io ballo con un bozzetto per la Danza spagnola della pittrice e costumista russa Aleksandra Ekster. E' del 1920.






giovedì 13 febbraio 2014

Una mostra da non perdere: El-Lissitzki


Catalog cover, 1923 by El Lissitzky (1890-1941, Russia)

 Al Mart di Rovereto.
http://www.mart.trento.it/el-lissitzky
Ne parla in un bellissimo articolo sul Venerdì di Repubblica della settimana in corso Piero Melati. "Quando l'arte pensava di rifare la vita.", in cui mescola Chagall ed Eliezer Lisickij, che si incrociano a Vitbesk, e insegnano nella stessa scuola d'arte.  Era il primo periodo della rivoluzione, con artisti che sentivano l'urgenza di trovare un modo per esprimerlo. Una terra di nessuno, la chiama Melati. Il periodo di Majakovskij, della grafica. Dei poster innovativi. Dei costumi per il teatro. E del teatro: Mejerchol'd è dello stesso periodo.

martedì 11 febbraio 2014

Vecchi volumi all'avanguardia

Un tempo compravo nei mercatini, nei negozi di libri usati, nelle botteghe antiquarie ogni pubblicazione che avesse attinenza con la cultura russa. Libri senza valore da un punto di vista economico, non da collezionisti. Erano quel tipo di libri che si usa, si consuma, si sfilaccia, si maneggia. Volumi che restano lì con le copertine mezzo staccate, scollate, a testimoniare che il loro contenuto era molto interessante e il libro in sé solo un oggetto bellissimo, a cui avevano lavorato tante persone, ma pur sempre un contenitore, la scatola.
Oggi ho perso quell'abitudine, ma alcuni di quei libri li ho ancora. Ce n'è uno, del '70, pubblicato dalla casa editrice Electa, che si intitola Moda e rivoluzione. Parla dell’abbigliamento russo tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento. E fa un excursus degli scambi tra moda e pittura, moda e arte, nei primi anni venti, quando in Russia c'erano le avanguardie. Era un'epoca dinamica. Si sperimentavano i cosiddetti "ismi".
Allego qui una pagina, con dei bozzetti che trovo molto belli. Quell' epoca sembra remota, ma gli abiti sono ancora attuali. Sono della pittrice e costumista Ljubov' Popova, Sono colorati e oggi c'è un po' di sole.

domenica 9 febbraio 2014

Reblogueando: Le parole hanno un peso.



Leggo una bella «microreplica » sul blog di Andrés Nueman. Si intitola Gramática y excremento. Parla del peso delle parole. Ne abbiamo di bellissime per definire gli individui, prima ancora che uomini, donne, migranti, prostitute. Ce n'é una poi che è meravigliosa: la parola «persona». Pare che il suo etimo si ricolleghi alla parola maschera, quella che indossavano gli attori. Dietro una maschera, in effetti, potresti essere qualsiasi cosa. È così bella che, se dovessi scegliere quale spedire su un’astronave che parte per altri mondi, metterei proprio quella.
Il link al post di Andrés è qui sotto, e poi c'è la mia traduzione, buttata giù di getto,  per trasmettere il senso.

http://andresneuman.blogspot.it/2014/02/gramatica-y-excremento.html

Si spogliano e si spalmano con i propri escrementi. Lo raccontavano un anno fa alla frontiera di Melilla. «Si tolgono i vestiti», spiegava la Guardia Civil, «e si cospargono con le loro feci per risultare ripugnanti». Ieri ne sono morti dieci, nel tentativo di raggiungere Ceuta. Si spogliano e si smerdano.» E annegano. Dico dieci anziché «una decina», espressione burocratica a cui ricorrono  di solito i media, perché i migranti non sono oggetti inanimati né una categoria intercambiabile, bensì individui irripetibili. Dieci persone, allora, e non una decina di migranti. La grammatica pubblica è un po’ troppo esitante con certe morti. Come se non sapessimo perfettamente che genere e che numero attribuire loro. Come se non fossimo in grado di coniugare le nostre norme con determinate realtà. Uno dei più importanti quotidiani spagnoli ha pubblicato questo titolo: «Una decina di migranti morti…» considerando così i deceduti dei migranti prima ancora che delle persone, facendo concordare decina con morti. Un altro quotidiano ha intitolato, più giustamente: «Otto persone muoiono…» Ma questa stessa notizia cominciava dicendo: «Otto persone di origine subsahariana sono morti affogati…» come se avessero sostituito all’ultimo momento migranti con persone, dimenticando di correggere la concordanza. Intanto, un’importante agenzia informava: «i deceduti sono morti affogati…», creando una strana ridondanza, come se temesse di non prendere la cosa abbastanza sul serio. La grammatica è una delle  manifestazioni della legge. E la legge, come si sa, non predica le stesse cose per tutti i soggetti. Dieci persone muoiono e dieci milioni guardano. Alcuni perdono la vita per avere gli stessi diritti che dall’altro lato delle palizzate vengono soffocati. Se quelle palizzate non sono l’apice della lotta di classe, una metafora spicciola e cruda delle asimmetrie della legge, mi chiedo  cosa cazzo intendiamo per legge e per metafora e per classe. Dieci persone morte. Ecco tutto. Ieri, nude e spalmate dei propri escrementi. Oggi, annegate davanti ai nostri occhi. Evidentemente gli escrementi sono i  loro e gli occhi sono i nostri.
(Post di Andrés Neuman, Traduzione di Silvia Sichel)