... e cercare la lingua madre quando dà
il meglio di sé. Negli ultimi tempi, frugando
nella libreria di casa, ho ritrovato e
letto L'odore dell'India di Pasolini. Quanto mi piacerebbe saper anche
solo pensare qualcosa del genere quando sono in viaggio.
Ora, grazie a un’amica e con grande commozione ed entusiasmo, sto leggendo un
libro che parla del tempo di guerra, un libro di formazione (si fa sempre in
tempo a formarsi un po’), che avrei già dovuto leggere : I piccoli maestri di Luigi Meneghello.
Assaporo la lingua di questi due libri parola per parola. Pasolini che dice
di essere ineconomico, e Meneghello che nomina i rangutani. E chiama palo
quella che dove vivo io si chiama canna della bicicletta.
Mi godo le differenze regionali, senza preoccuparmi di come potrei tradurre questa
o quella espressione, o di dover discutere le mie scelte con il redattore abituato ad altre parole; mi godo qualche frase volutamente sghimbescia
dell'italiano parlato, che nessun lettore onnisciente attribuirà a un
errore del traduttore. Nel ritmo perfetto del testo di Meneghello assaporo le
sue concessioni alla lingua viva, la sua consapevolezza nel farlo.
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