venerdì 27 settembre 2013

Dal baule della nonna: racconto a episodi stile torta da credenza. IV



IV
Emilia era davvero un tipo allegro. Tant’è che la chiamavano, ma solo i più intimi, Milù. Accoglieva il giorno con buonumore, anche se in casa nostra  era difficile mettere insieme il pranzo con la cena. Dalla casa paterna, non poteva più aspettarsi alcun aiuto. Non aveva grandi aspirazioni, del resto nessuno le aveva insegnato ad averle, ma possedeva due mani d’oro e uno squisito sesto senso. Per  queste sue splendide doti, unite a un petto prorompente e a due anche morbide e fluttuanti, piacque tanto al proprietario di una pasticceria in città, un piccolo centro nebbioso e prospero, che le comprò a lungo torte e le regalò carezze.

Tino non lo scoprì mai. O almeno finse di non sapere. Dei suo otto figli, un paio erano un po’ meno suoi ma, visto che li amava come gli altri, fece loro spazio nel suo cuore generoso e li sollevò in aria festante con le manone incallite. Milù del resto gli voleva un gran bene, ma adorava la propria prole e mangiare almeno una volta durante la giornata. Perciò, facendo di necessità virtù, si perdonò le scappatelle, accompagnate in tutta onestà da qualche sospiro di piacere, e gli diede sempre  tutto l’affetto di cui la sua anima grande e le cosce tornite erano capaci.

Senza il seme del pasticcere Tino avrebbe avuto sei figlie femmine. I miei due fratelli  furono una gentile concessione ai tempi andati. Gli omaggi, però,  piangevano come ossessi da mane a sera, Milù era sempre più stanca e perse un po’ di tono. Il fuoco nello sguardo rimase invece sempre vivo. E le sue meringhe alla panna un prodigio della natura. 

martedì 24 settembre 2013

Il postino e Margherita.

Sto fissando il computer con occhio vacuo. Anche un lavoro amato riserva qualche  delusione. Comincio una pagina, ma poi mi perdo in una raccolta di poesie: devo sceglierne alcune. La tendenza è di fare le cose alla rinfusa, oggi. Suonano alla porta. Arriva  un plico da un'agenzia letteraria. Un libro che parla di Čechov.  In questo pomeriggio  di sole settembrino, il postino mi sembra Pavel Ivanovič Čičikov, giunto sulla sua piccola carrozza attraverso la steppa  fin qui nella bassa padana, per portarmi uno spigolo di Russia. Guardo in cielo: il portalettere è ora Margherita a cavalcioni di una scopa, e mi lancia un manoscritto. Con la testa piena di visioni letterarie, mi faccio uno spritz. Forse l'inizio di un bel zapoj,* in stile Mosca sulla Vodka.

*zapoj = la regina delle sbronze (la z è la traslitterazione della s dolce, non è una zeta)


venerdì 20 settembre 2013

Dal baule delle nonna: racconto a episodi stile torta da credenza. III



La vita di Tino e la mia mamma fu misera ma non brutta.  Le nozze caddero in un giorno d’autunno. Si sposarono in chiesa. Lei indossava un completino fiorato, giacchino avvitato e gonna a godet, niente abito bianco, anche se erano due cuori puri. In paese si era sparlato di loro per nove lunghissimi mesi di pianto (di Emilia, che così si chiamava la mia mamma) e di urla (del suo papà); di rabbia (del mio nonno paterno) e di gioia (del mio incauto genitore). Poi venni al mondo io. Un muso stropicciato e paonazzo. Un ciuffo di stoppa sul cucuzzolo. Una fatica a strapparmi un osanna. Il nonno paterno si commosse, il padre di Emilia storse la bocca in un mezzo sorriso, Emilia smise di singhiozzare, e il mio papà si sciolse in un mare di lacrime. Il paese continuò a sparlare. Del matrimonio bacato di lei perché lui aveva appeso il cappello, della dabbenaggine di lui perché lei era una poco seria. 



martedì 17 settembre 2013

L'importanza di chiamarsi Federico.


Mi innamoro di Che strano chiamarsi Federico di Ettore Scola.
In testa mi sono rimasti i versi iniziali di García Lorca. Così recupero l'originale e mi diverto a tradurli. Che insuperabile maniera di esprimere lo straniamento ha trovato il poeta negli ultimi due versi! (Come sarebbe utile  il punto esclamativo retroverso spagnolo all'inizio della frase che ho appena scritto…) Di seguito l'originale e un primo abbozzo di traduzione (con l'intenzione di rielaborarla nel tempo).

De otro modo                                                     Altrimenti
(Federico García Lorca)

La hoguera pone al campo de la tarde,                Il falò mette ai campi della sera
unas astas de ciervo enfurecido.                         dei palchi da cervo infuriato.
Todo el valle se tiende. Por sus lomos,                Tutta la valle si tende. Per i dossi,
caracolea el vientecillo.                                       caracolla il venticello.

El aire cristaliza bajo el humo.                            L'aria cristallizza sotto il fumo.
¿Ojo de gato triste y amarillo?                            Occhio di gatto triste e giallo?
Yo en mis ojos, paseo por las ramas.                  Io nei miei occhi, vago per i rami
Las ramas se pasean por el río.                          I rami vagano pel  fiume.       


Llegan mis cosas esenciales.                              Vengono le mie cose essenziali.
Son estribillos de estribillos.                               Sono ritornelli di ritornelli.
Entre los juncos y la baja tarde,                         Tra i giunchi e la tarda sera,
¡qué raro que me llame Federico!                      com'è strano chiamarsi Federico!
                                                                         Traduzione di Silvia Sichel

venerdì 13 settembre 2013

La banalità e il maalox.

Guardo talmente poco la televisione che quando capito davanti ai messaggi pubblicitari li ascolto (mi attraggono  più le parole delle immagini).
Oggi vedo una pimpante famigliola che "camoscia" intorno a un tavolo. Il telefono squilla ma nessuno si alza a rispondere perché tutti sono impegnati a "camosciare" (estasiati, ingurgitano come unico alimento fettine di formaggio grasso, in un’orgia iperproteica). Non so se li perdono.
Il secondo spot osserva acutamente che ci sono cose della femminilità che si fanno notare (scarpe rosse con tacco a spillo, per esempio) e altre che non si devono notare (gli assorbenti, tanto per dire). Cerco sul Sabatini-Coletti alla voce femminilità. Trovo due definizioni:
1. L'essere femminile; insieme delle caratteristiche proprie ed esclusive della donna.
2.  L'atteggiarsi da femmina; effeminatezza.
Purtroppo non so collocare il concetto espresso dal messaggio pubblicitario.
Il terzo è lo spot del maalox. Mi ricordo che ne ho un blister nel mobiletto del bagno.
Mi alzo, vado a prenderlo e mastico con convinzione una pasticca.