lunedì 30 settembre 2013
venerdì 27 settembre 2013
Dal baule della nonna: racconto a episodi stile torta da credenza. IV
Emilia era davvero un tipo allegro. Tant’è che la chiamavano,
ma solo i più intimi, Milù. Accoglieva il giorno con buonumore, anche se in
casa nostra era difficile mettere
insieme il pranzo con la cena. Dalla casa paterna, non poteva più aspettarsi
alcun aiuto. Non aveva grandi aspirazioni, del resto nessuno le aveva insegnato
ad averle, ma possedeva due mani d’oro e uno squisito sesto senso. Per queste sue splendide doti, unite a un petto prorompente
e a due anche morbide e fluttuanti, piacque
tanto al proprietario di una pasticceria in città, un piccolo centro nebbioso e
prospero, che le comprò a lungo torte e le regalò carezze.
Tino non lo scoprì mai. O almeno finse di non sapere. Dei
suo otto figli, un paio erano un po’ meno suoi ma, visto che li amava come gli
altri, fece loro spazio nel suo cuore generoso e li sollevò in aria festante
con le manone incallite. Milù del resto gli voleva un gran bene, ma adorava la
propria prole e mangiare almeno una volta durante la giornata. Perciò, facendo
di necessità virtù, si perdonò le scappatelle, accompagnate in tutta onestà da
qualche sospiro di piacere, e gli diede sempre
tutto l’affetto di cui la sua anima grande e le cosce tornite erano
capaci.
Senza il seme del pasticcere Tino avrebbe avuto sei figlie
femmine. I miei due fratelli furono una gentile concessione ai tempi
andati. Gli omaggi, però, piangevano
come ossessi da mane a sera, Milù era sempre più stanca e perse un po’ di tono.
Il fuoco nello sguardo rimase invece sempre vivo. E le sue meringhe alla panna
un prodigio della natura.
martedì 24 settembre 2013
Il postino e Margherita.
Sto fissando il computer con occhio vacuo. Anche un lavoro amato riserva
qualche delusione. Comincio una pagina, ma poi mi perdo in una raccolta
di poesie: devo sceglierne alcune. La tendenza è di fare le cose alla rinfusa,
oggi. Suonano alla porta. Arriva un plico da un'agenzia letteraria. Un
libro che parla di Čechov. In questo pomeriggio di sole
settembrino, il postino mi sembra Pavel Ivanovič Čičikov, giunto sulla sua
piccola carrozza attraverso la steppa fin qui nella bassa padana, per
portarmi uno spigolo di Russia. Guardo in cielo: il portalettere è ora
Margherita a cavalcioni di una scopa, e mi lancia un manoscritto. Con la testa piena
di visioni letterarie, mi faccio uno spritz. Forse l'inizio di un bel zapoj,*
in stile Mosca sulla Vodka.
*zapoj = la regina delle sbronze (la z è la traslitterazione della s dolce, non è una zeta)
*zapoj = la regina delle sbronze (la z è la traslitterazione della s dolce, non è una zeta)
venerdì 20 settembre 2013
Dal baule delle nonna: racconto a episodi stile torta da credenza. III
La vita di Tino e la mia mamma fu misera ma non brutta. Le nozze caddero in un giorno d’autunno. Si
sposarono in chiesa. Lei indossava un completino fiorato, giacchino avvitato e
gonna a godet, niente abito bianco, anche se erano due cuori puri. In paese si
era sparlato di loro per nove lunghissimi mesi di pianto (di Emilia, che così
si chiamava la mia mamma) e di urla (del suo papà); di rabbia (del mio nonno
paterno) e di gioia (del mio incauto genitore). Poi venni al mondo io. Un muso
stropicciato e paonazzo. Un ciuffo di stoppa sul cucuzzolo. Una fatica a
strapparmi un osanna. Il nonno paterno si commosse, il padre di Emilia storse
la bocca in un mezzo sorriso, Emilia smise di singhiozzare, e il mio papà si
sciolse in un mare di lacrime. Il paese continuò a sparlare. Del matrimonio
bacato di lei perché lui aveva appeso il cappello, della dabbenaggine di lui
perché lei era una poco seria.
martedì 17 settembre 2013
L'importanza di chiamarsi Federico.
Mi innamoro di Che strano chiamarsi Federico di Ettore Scola.
In testa mi sono rimasti i versi iniziali di García Lorca. Così recupero l'originale e mi diverto a tradurli. Che insuperabile maniera di esprimere lo straniamento ha trovato il poeta negli ultimi due versi! (Come sarebbe utile il punto esclamativo retroverso spagnolo all'inizio della frase che ho appena scritto…) Di seguito l'originale e un primo abbozzo di traduzione (con l'intenzione di rielaborarla nel tempo).
De otro modo Altrimenti
(Federico García Lorca)
La hoguera pone al campo de la tarde, Il falò mette ai campi della sera
unas astas de ciervo enfurecido. dei palchi da cervo infuriato.
Todo el valle se tiende. Por sus lomos, Tutta la valle si tende. Per i dossi,
caracolea el vientecillo. caracolla il venticello.
El aire cristaliza bajo el humo. L'aria cristallizza sotto il fumo.
¿Ojo de gato triste y amarillo? Occhio di gatto triste e giallo?
Yo en mis ojos, paseo por las ramas. Io nei miei occhi, vago per i rami
Las ramas se pasean por el río. I rami vagano pel fiume.
Llegan mis cosas esenciales. Vengono le mie cose essenziali.
Son estribillos de estribillos. Sono ritornelli di ritornelli.
Entre los juncos y la baja tarde, Tra i giunchi e la tarda sera,
¡qué raro que me llame Federico! com'è strano chiamarsi Federico!
Traduzione di Silvia Sichel
venerdì 13 settembre 2013
La banalità e il maalox.
Guardo talmente poco la televisione che quando capito davanti ai messaggi
pubblicitari li ascolto (mi attraggono più le parole delle immagini).
Oggi vedo una pimpante famigliola che "camoscia" intorno a un tavolo. Il telefono squilla ma nessuno si alza a rispondere perché tutti sono impegnati a "camosciare" (estasiati, ingurgitano come unico alimento fettine di formaggio grasso, in un’orgia iperproteica). Non so se li perdono.
Il secondo spot osserva acutamente che ci sono cose della femminilità che si fanno notare (scarpe rosse con tacco a spillo, per esempio) e altre che non si devono notare (gli assorbenti, tanto per dire). Cerco sul Sabatini-Coletti alla voce femminilità. Trovo due definizioni:
Il terzo è lo spot del maalox. Mi ricordo che ne ho un blister nel mobiletto del bagno.
Mi alzo, vado a prenderlo e mastico con convinzione una pasticca.
Oggi vedo una pimpante famigliola che "camoscia" intorno a un tavolo. Il telefono squilla ma nessuno si alza a rispondere perché tutti sono impegnati a "camosciare" (estasiati, ingurgitano come unico alimento fettine di formaggio grasso, in un’orgia iperproteica). Non so se li perdono.
Il secondo spot osserva acutamente che ci sono cose della femminilità che si fanno notare (scarpe rosse con tacco a spillo, per esempio) e altre che non si devono notare (gli assorbenti, tanto per dire). Cerco sul Sabatini-Coletti alla voce femminilità. Trovo due definizioni:
1. L'essere femminile; insieme delle
caratteristiche proprie ed esclusive della donna.
2. L'atteggiarsi da femmina; effeminatezza.
Purtroppo non so collocare il concetto espresso dal messaggio
pubblicitario.Il terzo è lo spot del maalox. Mi ricordo che ne ho un blister nel mobiletto del bagno.
Mi alzo, vado a prenderlo e mastico con convinzione una pasticca.
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