venerdì 27 settembre 2013

Dal baule della nonna: racconto a episodi stile torta da credenza. IV



IV
Emilia era davvero un tipo allegro. Tant’è che la chiamavano, ma solo i più intimi, Milù. Accoglieva il giorno con buonumore, anche se in casa nostra  era difficile mettere insieme il pranzo con la cena. Dalla casa paterna, non poteva più aspettarsi alcun aiuto. Non aveva grandi aspirazioni, del resto nessuno le aveva insegnato ad averle, ma possedeva due mani d’oro e uno squisito sesto senso. Per  queste sue splendide doti, unite a un petto prorompente e a due anche morbide e fluttuanti, piacque tanto al proprietario di una pasticceria in città, un piccolo centro nebbioso e prospero, che le comprò a lungo torte e le regalò carezze.

Tino non lo scoprì mai. O almeno finse di non sapere. Dei suo otto figli, un paio erano un po’ meno suoi ma, visto che li amava come gli altri, fece loro spazio nel suo cuore generoso e li sollevò in aria festante con le manone incallite. Milù del resto gli voleva un gran bene, ma adorava la propria prole e mangiare almeno una volta durante la giornata. Perciò, facendo di necessità virtù, si perdonò le scappatelle, accompagnate in tutta onestà da qualche sospiro di piacere, e gli diede sempre  tutto l’affetto di cui la sua anima grande e le cosce tornite erano capaci.

Senza il seme del pasticcere Tino avrebbe avuto sei figlie femmine. I miei due fratelli  furono una gentile concessione ai tempi andati. Gli omaggi, però,  piangevano come ossessi da mane a sera, Milù era sempre più stanca e perse un po’ di tono. Il fuoco nello sguardo rimase invece sempre vivo. E le sue meringhe alla panna un prodigio della natura. 

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