giovedì 27 marzo 2014

Leggere italiano...

... e cercare la lingua madre  quando dà il meglio di sé. Negli  ultimi tempi, frugando nella libreria di casa,  ho ritrovato e letto L'odore dell'India di Pasolini. Quanto mi piacerebbe saper anche solo pensare qualcosa del genere quando sono in viaggio.
Ora, grazie a un’amica e con grande commozione ed entusiasmo, sto leggendo un libro che parla del tempo di guerra, un libro di formazione (si fa sempre in tempo a formarsi un po’), che avrei già dovuto leggere :  I piccoli maestri di Luigi Meneghello.
I Piccoli maestriAssaporo la lingua di questi due libri parola per parola. Pasolini che dice di essere ineconomico, e Meneghello che nomina i rangutani. E chiama palo quella che dove vivo io si chiama canna della bicicletta.
Mi godo le differenze regionali, senza preoccuparmi di come potrei tradurre questa o quella espressione, o di dover discutere le mie scelte con il redattore  abituato ad altre parole;  mi godo qualche frase volutamente sghimbescia dell'italiano parlato, che nessun lettore onnisciente  attribuirà a un errore del traduttore. Nel ritmo perfetto del testo di Meneghello assaporo le sue concessioni alla lingua viva, la sua consapevolezza nel farlo.

venerdì 21 marzo 2014

Femmina penso, se penso poesia....

Il 21 marzo è la giornata dedicata alla poesia. Ed è anche primavera. Urge qualcosa di intenso, forte, umorale, bello nella sua lingua originale.

E allora: Ballata delle donne di Edoardo Sanguineti.

Quando ci penso, che il tempo è passato,
le vecchie madri che ci hanno portato,
poi le ragazze, che furono amore,
e poi le mogli e le figlie e le nuore,
femmina penso, se penso una gioia:
pensarci il maschio, ci penso la noia.

Quando ci penso, che il tempo è venuto,
la partigiana che qui ha combattuto,
quella colpita, ferita una volta,
e quella morta, che abbiamo sepolta,
femmina penso, se penso la pace:
pensarci il maschio, pensare non piace.

Quando ci penso, che il tempo ritorna,
che arriva il giorno che il giorno raggiorna,
penso che è culla una pancia di donna,
e casa è pancia che tiene una gonna,
e pancia è cassa, che viene al finire,
che arriva il giorno che si va a dormire.

Perché la donna non è cielo, è terra
carne di terra che non vuole guerra:
è questa terra, che io fui seminato,
vita ho vissuto che dentro ho piantato,
qui cerco il caldo che il cuore ci sente,
la lunga notte che divento niente.

Femmina penso, se penso l'umano
la mia compagna, ti prendo per mano.

mercoledì 19 marzo 2014

Sul pezzo

Ho accolto con qualche brivido la vista della piazza Rossa piena di gente che cantava l'inno nazionale russo, felice di essersi riannessa la Crimea. Non entro nel merito delle ragioni di paesi che per motivi storici, politici, geografici ed economici sembrano destinati a scontrarsi, ma mi pare davvero che Putin riesca a tirar fuori dal suo popolo il peggio. E anche che conosca molto bene il suo popolo.
Ho letto, grazie a una laureanda di russo che me lo ha proposto, parte di un breve e  interessante  saggio di Svetlana Aleksievič.  Ne traduco, senza pretese, da un blog russo,  un piccolo stralcio.
«Dalle parti della piazza Rossa ho assistito a questa scena: due ragazzi reggevano un cartello: “Ehi tu, che passi per strada, quanti figli, fratelli, vicini sei pronto a veder morire perché  la Crimea faccia parte della Russia?” Davanti a me, quei ragazzi venivano chiamati fascisti, filoucraini, servi degli americani. Li coprivano di insulti.  Due anziane signore facevano il gesto di sputare nella loro direzione. Il loro cartello è stato ridotto in pezzi.  Dei tizi con giacconi di pelliccia aperti sul petto, da cui spuntavano grosse croci, hanno chiamato le guardie: “Portatevi questi imbecilli al comando, altrimenti li linciamo”. È arrivato un cellulare della polizia e li hanno portati via…. Putin ha puntato sui bassi istinti e ha vinto. Ma se anche domani  Putin non ci fosse più, chi ci proteggerà da noi stessi?»
Ne approfitto  per consigliare la lettura di qualche bel libro.
Il primo è lo strepitoso I racconti di Sebastopoli di Lev Tolstoj (trad. di V. Tomelleri) e gli altri sono della stessa Sveltana Aleksievič: Ragazzi di Zinco (trad. di S. Rapetti), o, per chi legge il russo, visto che non è ancora stato tradotto in italiano,  Vremja Second Hand.

I racconti di Sebastopoli

venerdì 14 marzo 2014

Tradurre il lessico erotico

Non è un compito facile. Soprattutto se si deve affrontare un romanzo ambientato in un'epoca lontana. E se la parola da tradurre è un’imprecazione, una scurrilità. Bisogna capire se all'epoca il termine che ci sale alle labbra fosse già in uso. Io, tempo fa, ho trovato un libro che mi piace molto e me lo sono fatto regalare. È una lettura amena, istruttiva, documentata. Si tratta del Dizionario del lessico erotico di Valter Boggione e Giovanni Casalegno. La mia è  l’edizione della Utet. Credo che poi sia stato ristampato sotto un’altra veste grafica da Longanesi. Ogni voce è corredata da una serie di esempi in cui trova testimonianza. Quando mi capita di ricorrervi per cercare una conferma, mi ci perdo dentro. È un percorso alternativo all'interno della letteratura e della cultura italiana, ed è  davvero interessante.
Mi piace molto il saggio introduttivo di Valter Boggione,  «Per una retorica contro l'eufemismo», che inizia così: «È consuetudine affermare che i due settori in cui si fa più ampio ricorso all'eufemismo sono quelli relativi alla morte e al sesso, in quest'ultimo caso per indicare quegli atti (se si preferisce, quelle funzioni) e quegli organi che la decenza impone di non chiamare con il proprio nome».
E più avanti: «Il linguaggio erotico è, quando appena si svincola da un'esigenza pratica immediata, dalla necessità della comunicazione media neutra, un linguaggio metaforico... Ma non tanto per la necessità di esprimere in qualche modo qualcosa per cui manca un referente lessicale immediato, oggettivo, quanto per il gusto e il piacere di colorire l'espressione, di arricchirla, e insieme di coinvolgere l'ascoltatore (o il lettore) nel gioco ambiguo della complicità, di stimolare in lui l'eccitazione, la meraviglia, l'ilarità cameratesca...»
Nel mio piccolo ho fatto ricorso a un titolo un po' ammiccante per illustrare uno dei tanti problemi che si trova a dover risolvere un traduttore dallo spagnolo (faccio sempre riferimento al mio campo d'azione, ossia alle lingue con cui lavoro) e colgo l’estro per far seguire qui il link: La traductora y el orgasmo