domenica 30 agosto 2015

Lontano dal centro

"Lontano dal centro in cui brillano i grandi spiriti, dove l’aria è carica di pensieri, dove tutto si rinnova, l’istruzione invecchia, il gusto si snatura come un’acqua stagnante. In mancanza d’esercizio, le passioni si rimpiccioliscono ingrandendo cose minime. È questa la ragione dell’avarizia e del pettegolezzo che appestano la vita di provincia. Presto l’imitazione di idee ristrette e di maniere meschine guadagna la persona più distinta. Muoiono così uomini nati grandi, donne che, raddrizzate dagli insegnamenti della società, sarebbero incantevoli." 
Illusioni perdute, Honoré de Balzac, trad. di Maria Grazia Porcelli


Leggere un classico è  come prendere una boccata d'aria carica di pensieri.

mercoledì 12 agosto 2015

Tutta la via Emilia davanti a sé

Luglio 2015. Devo tornare da P., la città in cui sono nata, a P., la città in cui vivo. Ho visitato una persona in ospedale. Mi ha guardata con uno sguardo perduto e bello. L’autostrada è intasata. Decido per la via Emilia. Conosco  quasi a memoria i sessanta chilometri che mi separano dalla mia casa. Capannoni, campi di girasoli e paesini dove ho passato molte serate giovanili. Alle due di un pomeriggio d’estate la via Emilia è un’esperienza mistica. Prima di partire mi viene fame. Non ho voglia dell'aria condizionata di un bar. Entro in un supermercato, compro una confezione di riso condito, parcheggio sotto un albero. Scelgo il posto sbagliato: a due passi un camionista fermo per la siesta mi lampeggia. No, grazie, caro. Con questo caldo, poi. Che idea. Mi diverte e mi irrita. Mi sposto sotto un altro albero mezzo chilometro più in là. Apro le portiere dell’auto. Nella confezione di riso manca la forchetta. Non è giornata.  Stacco un pezzo di cartone dalla scatola e lo uso come cucchiaio. Il riso è un po’ acido, per via dei conservanti. Mi brucia lo stomaco. Fisso davanti a me un campetto che mi divide dalla strada. Ha un bel prato. Al di là sibilano le auto. Non sono tante. Si sentono le cicale. I margini delle cose si stemperano nel calore che sale dall’asfalto. Sono dentro a un quadro di De Chirico ma nella pianura padana. Il mondo è immobile, estraneo. Sudo. Penso ai romanzi di Romain Gary che mi piacciono tanto e mi fanno stare un po’ male. Ha ragione il ragazzo: non è sempre un grande auspicio avere tutta la vita davanti a sé. Bisogna andarci piano con le parole.
Poi succede una cosa. Accendo la radio. C’è Eugenio Finardi che urla Musica ribelle. Un’eco. Un ricordo. I ricordi sono la vera sostanza di cui siamo fatti. Banale ma io l’ho imparato tardi e a mie spese vedendo la gente perdere la memoria. Un male dei tempi. Butto il riso in un cestino e parto cantando. Sono una donna che ha tutta la via Emilia davanti. Va bene così.