Quando più di trent'anni fa m'iscrissi al corso di laurea in lingue e
scelsi di studiare mondi diversissimi tra loro, come lo sono il russo, lo
spagnolo e il greco moderno (considero le lingue mondi), in tanti mi dissero
che non sarei riuscita a lavorare. Il russo allora era sigillato dietro la
cortina di ferro dell'Unione Sovietica, lo spagnolo era reduce degli anni
tenebrosi del franchismo e il greco era quel che è: una lingua parlata da una
manciata di persone.
Le infauste predizioni si sono rivelate sbagliate. Il russo è stato per me
la lingua dell'interpretariato e lo spagnolo quella dell'editoria.
Entrambe le ho insegnate, e le culture di cui queste lingue sono il vettore le
ho sempre studiate e aggiornate. Amo visceralmente la letteratura russa e la
seguo con passione. Negli ultimi anni ho frequentato quotidianamente lo
spagnolo, Ho ancora parecchi progetti da sviluppare insieme a queste due
signore. E se un giorno non ne avrò più, allora mi potrò dire ineluttabilmente
vecchia.
Il greco moderno, invece, l'ho perso per strada. Al terzo anno di
università dovetti decidere se passare un anno a Mosca o un anno a Salonicco.
Decisi per la Russia. Però non l'ho dimenticato del tutto e ho in mente di
riprenderlo appena troverò un piccolo spazio temporale in cui infilarlo.
Non l'ho dimenticato soprattutto perché ho studiato al liceo il greco antico
e quel greco antico mi ha trasmesso la passione per le etimologie, il gusto di
andare alle radici delle parole. Ho imparato nel corso della mia vita
lavorativa che è un patrimonio inestimabile. Così importante per studiare il
russo. Così importante per le lingue neolatine.
In realtà è grazie al greco antico che ho scelto di studiare lingue. È per
il fatto di aver tradotto (molto malamente) latino e greco al liceo che
ho sempre considerato la traduzione una delle tante attività quotidiane.
Per questo io tifo per la Grecia, in maniera ingenua e facilona, se
vogliamo. Sono, con parola radicalmente greca, candidamente
filoellenica. Per ragioni culturali e sentimentali. Quelle ragioni culturali e
sentimentali che come cittadini d'Europa difficilmente riusciremo a coltivare.
Quelle ragioni che, essendo del cuore, grondano retorica. Ma perché no?, mi
dico. L’amore, ogni tanto, bisogna pure dichiararlo.