mercoledì 13 aprile 2016

Riflessi, rifletto

Concludo oggi la traduzione di un libro che mi sta a cuore. In realtà, la traduzione l'avevo consegnata un mese fa. Poi ho rivisto le bozze, parola per parola, e poi ancora altre bozze, quindi abbiamo ragionato con la redattrice sul secondo capitolo in cui l'autrice si diverte a depistare più che mai il lettore, e anche al traduttore è girata non poco la testa.
Una scelta coraggiosa, quella della scrittrice: confondere le tracce stilistiche, giocare con le voci, spezzare la narrazione. Servirebbe, per un romanzo così, un lettore disaffezionato alle cose facili, alla scrittura vaporosa, all'elenco elegante dei sinonimi o alla trama piana che lo conduce per mano, trasmettendogli magari anche qualche nozione. Per questo libro ci vuole un lettore indipendente.
Tradurlo, e chissà se ci sono veramente riuscita, è stato davvero un esercizio di concentrazione.
Ogni volta che rileggo, trovo parole che vorrei cambiare, registri un po' più alti del dovuto o un po' troppo bassi, una ripetizione che mi osserva beffarda a fine pagina, un fraintendimento, una interpretazione forse troppo personale, una battuta di una riga che mi è scivolata via come un pesce.    
Mi muovo verso una meta che si sposta continuamente di qualche centimetro più in là, alla rincorsa di una  perfettibilità costante che è la caratteristica della mia professione, ma anche un riflesso dei tempi.