domenica 23 novembre 2014

Provare pena

Quando vado al cinema e vedo un film che mi piace, porto sempre a casa qualcosa. Una sensazione, un dejà vu, un sorriso, una lacrima all'angolo dell'occhio, un'idea, una voglia, un colore, una nuova energia, a volte anche la convinzione che tutto sia possibile.  Dal bel film di Ermanno Olmi porto via un intenso sentimento di pena.  Dopo aver visto decine di capolavori in cui la guerra suscitava orrore e raccapriccio, ieri sera davanti allo schermo di un piccolo cinema del centro mi sono perfettamente immedesimata nei soldati raggelati dentro un buco, nei loro panni inadeguati, nell'attesa di una lettera, nella consolazione di un topolino che rosicchia una pallina di pane, nella magia di un larice senza foglie che brilla come oro, nella bellezza di una volpe, nella paura impotente e nell'ingiustizia di non avere scelta. Noi, italiani radicati nel territorio, veniamo da lì.  Poveri soldatini, poveri esseri umani.
torneranno i prati è scritto in minuscolo, parla di un episodio minimo, una sola ora della vita  di un manipolo di uomini, e forse non è un film perfetto, ma è grandissimo, pieno di una poesia dolente, con una fotografia impeccabile, meravigliosa.
Allora, da Straduttore, rilancio l'espressione «provare pena» nel senso di mettersi nei panni degli altri e di lasciarsi andare ogni tanto alla retorica di essere umani, recuperando la memoria.
Allego anche un consiglio, una lettura, un libro che ho tradotto anni fa, e  non so se in italiano si trova ancora, ma in spagnolo senz'altro sì. Si intitola L’Ombra dell'aquila (La sombra del águila) è di Arturo Pérez Reverte. Altri dolori, altri ghiacci, le stesse assurdità. Lì affrontate con una qualche ironia. L'ironia involontaria e feroce della Storia.

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