In biblioteca, tra i testi in lingua originale, un libro in
spagnolo di un certo Rubén Gallego, di ambientazione sovietica, a quanto pare.
Lo prendo, e solo a casa mi accorgo che l’autore è nato a
Mosca, il libro è tradotto dal russo e le mie due lingue d’adozione s’incrociano
per caso ancora una volta. Penso a uno pseudonimo dello scrittore, ma non
è così. Una parte della vita di Rubén Gallego, quella che gli hanno imposto, è stata crudele, trascorsa
internato in orfanotrofi e ospizi sovietici, lui che è paralitico e ha un cervello
sopraffino. Un’altra parte della vita, quella che si è costruito da sé, con
energia e coraggio, è fatta di lettere d’alfabeto. Scrive bene, Rubén Gallego, con
quel suo nome spagnolo e quella sua lingua russa. In Italia lo pubblica
Adelphi.
M'imbatto allora in un ricordo. Da interprete, visitai un brefotrofio
sovietico. Due colleghi erano stati derubati e assassinati laggiù,nella lontana Russia del sud, e l’azienda per cui lavoravo decise di donare un pulmino all’orfanotrofio
locale in ricordo delle due vittime. Era l’alba degli anni Novanta. Chissà che fine hanno fatto quei ragazzini
dopo la caduta del muro. Spero possano prendersi anche loro il lusso di
rivangare i ricordi. Io, conservo foto
in bianco e nero.
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