Non me ne frega molto dei tortelli.
Mi piacciono, ma come il borš,
il tonno e il fegato impanato.
So riconoscere un ristorante buono da uno scarso
un vino meritevole per averlo spesso e con gioia degustato.
Mi piace la cucina saporita, poco la pizza (che mi annoia come tutti i carboidrati), ma siccome si mangia in compagnia, ben venga la pizza (o una frittura di paranza).
Apprezzo il cous cous per i suoi profumi, l'insalata e la birra artigianale.
Se ho pochi
soldi mi compro un bel panino col salame. L’aragosta la mangio al cafè Balear
di Minorca. Ordino, a volte, vegetariano, cinese, giapponese, ma adoro los
callos a la madrileña e il bollito all’italiana, i piedi, il muso e il resto
del maiale.
Al mare
prendo pesce, posso fare a meno del dessert, i dolci non sono una passione, a
parte il cioccolato: quando mi sento giù di morale, sono certa che non mi farà
male.
Non vivo
invece senza il caffè. La moka in viaggio fa parte del bagaglio. Però bevo
anche ouzo, porto, un bicchiere di rioja: la sangria, devo dire, la trovo poca cosa.
Se in casa
non c’è altro, apro un sacchetto di cibo surgelato perché è pratico e non mi ha
finora avvelenato.
Non mi piace
cucinare: della roba da mangiare mi garba soprattutto l'aspetto
meravigliosamente conviviale.
Del resto, in questo mondo ormai globalizzato, ho lo stomaco più
moderno del creato
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