venerdì 29 novembre 2013

Dal baule della nonna: racconto a episodi stile torta da credenza. VIII



 Ero partita con una borsa rigonfia ricamata a punto e croce. Aveva lo sfondo nero e un disegno a fiori scarlatti. Era stata della madre della mamma, e lei l’apprezzava molto. L’ho conservata a lungo e ora è eredità di una nipote. Gli angoli tondeggianti si sono spellati, ma in alcuni punti il lavoro di cucito è ancora intatto. Si riconosce la mano di una volta. Con  i manici di cuoio portavo qualche ricambio di biancheria, due o tre maglioni fatti a mano, calzature più eleganti delle scarpe con le stringhe che indossavo, e un paio di meravigliose calze di seta fumé. Nel cuore invece racchiudevo una sacca di desolazione. Avevo finto di comprendere le ragioni materne, ma l’avvilimento mi abbatteva. Al momento mi pareva che le cose da rimpiangere fossero ben più di quelle per cui gioire.

Mi sarebbe mancato il sentimento, struggente e intrigante, che provavo per mio fratello Primo, il quale, da bravo contadino con l’occhio  lungo, di qualcosa doveva essersi accorto. Non volevo perdere l’affetto delle mie sorelle, lo spazio dei campi intorno a casa, gli odori dell’aperta campagna, le rare carezze ruvide e impacciate di mio padre. Potevo invece rinunciare con una certa sventata allegria al lavoro dalla signora, grassa matrona paesana paludata in vesti scure, dal ventre che s’indovinava flaccido, non cattiva ma munifica di ordini perentori, continue  pretese.

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