A me piace l'hard-boiled. Mi piacciono Chandler e Hammett. Addio mia amata
e L'uomo ombra, con quegli incipit
che ti buttano subito dentro la storia. E la descrizione dei vestiti eleganti e
stropicciati degli investigatori e di quelli delle donne che incontrano, superfemminili.
E la violenza estrema e il romanticismo inguaribile, e la solitudine come
scelta di vita, e la trama perfetta, narrata al passato, così almeno sai che
chi racconta è ancora vivo, magari più acciaccato dentro.
Per cui, quando ho visto che John Banville - uno degli scrittori
contemporanei che amo di più, di cui adoravo fare la revisione quando lo
seguivo per Guanda, e che ogni tanto si traveste da Benjamin Black per
scrivere un libro giallo - ha resuscitato Marlowe e ha scritto una bellissima
nuova indagine dell'investigatore, me la sono procurata e l'ho letta un po' di
sera (con qualche sorso di gin fizz casalingo e ghiacciato, perché un cocktail
con l'hard-boiled sposa bene) e l'ultima parte in una sola notte tutto
d'un fiato (per restare in metafora). Il romanzo s'intitola Una bionda dagli
occhi neri, è edito da Guanda e
tradotto da Irene Abigail Piccinini. È un compagno divertente, intenso, duro,
romantico, intelligente, è come una conversazione brillante, un abbraccio
avvolgente, in poche parole: lo consiglio.
Se poi si volesse leggere Banville nei panni di Banville, non mi perderei Il mare, Booker Prize 2005 (in italiano stesso
editore, stesso traduttore; oppure letto
in originale, The Sea). Sbrilluccicante.
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