lunedì 7 luglio 2014

L'ombra della censura

Pare, dunque, che Vladimir Putin abbia firmato la legge che limita l'uso del linguaggio osceno, il russkij mat, nei media, nei libri, al cinema, a teatro... Chi non la rispetterà incorrerà in sanzioni economiche.  Come insegna la storia, la censura con i suoi intenti moralizzatori è destinata a esporsi al ridicolo. Tuttavia, non c'è niente di divertente nella limitazione della libertà di espressione. Nell'arte, e in letteratura, si è sempre fatto ricorso al linguaggio scurrile per la sua caratteristica fortemente connotativa e allo stesso tempo trasgressiva.
Due parole, dunque,  sul russkij mat, il turpiloquio russo.
Il russkij mat, più che un gergo, è una  lingua che si è sviluppata su un binario parallelo a quello della lingua istituzionale. Ha origini antiche, si dice risalga alla Russia precristiana. Per un certo periodo, è stato il linguaggio distintivo del mondo malavitoso, finendo per essere rappresentativo di una certa fascia sociale. La censura sovietica lo ha fortemente contrastato. Con la glasnost' - la libertà di parola - e lo sfaldarsi del blocco sovietico, ha dilagato sui giornali, nei programmi televisivi, nei blog. E nei romanzi. E da lì,  lo si vuole pateticamente scacciare con una legge. 
Il diciassettenne Puškin iniziava così il suo divertente poemetto licenzioso L'ombra di Barkov, la sua opera più colpita dalla censura zarista, e in effetti decisamente oscena:

Una volta, d'inverno, verso sera,
al bordello di via Meščanskaja,
s'incontrarono con uno spretato 
un tenentino degli ulani, 
un poeta, di Mosca un bellimbusto,
uno scrivano del Senato,
un bottegaio della terza gilda,
e due soldati tutti sbronzi.
Bevve ciascuno un calice di ponce,
giacque con una puttanella....
(trad. C. De Michelis) 

Non creda il poeta di essersi liberato della censura: quella sua puttanella, bljad', è destinata a cadere ancora una volta nelle sue maglie.

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